Centinaia di rimpatri in Iraq dal confine bielorusso
Questo articolo è stato pubblicato su Al Monitor nel novembre 2021.
Il governo iracheno a novembre ha rimpatriato 400 cittadini rimasti bloccati per settimane lungo il confine bielorusso nel tentativo di raggiungere l’Europa.
ERBIL, Iraq – Da mesi i media di tutto il mondo abbondano di foto e video di migranti che soffrono il freddo pungente nelle foreste lungo il confine tra Bielorussia e Polonia.
In molti sono rimasti bloccati per settimane dopo che i loro tentativi di entrare in Polonia e da lì spostarsi verso altri paesi europei sono falliti.
Il primo volo umanitario di rimpatrio organizzato dal governo iracheno è partito da Minsk con più di 400 passeggeri, in maggioranza curdi, la sera del 18 novembre 2021. La registrazione delle richieste di rimpatrio era stata avviata una settimana prima.
Il numero di migranti bloccati al confine della Bielorussia si aggira sulle migliaia, con stime che variano tra le 3,000 e le 20,000 persone. La cifra più alta è stata citata da un comunicato stampa rilasciato a metà novembre dal governo della Regione del Kurdistan Iracheno.
Moltissimi sono curdi iracheni, ma sono presenti anche siriani, iracheni arabi ed altre nazionalità.
All’arrivo all’aeroporto internazionale di Erbil, la maggior parte dei passeggeri si è affrettata ad oltrepassare i giornalisti, coperti da cappucci e sciarpe arrotolate intorno alla testa per evitare di farsi fotografare, e coi grossi zaini in spalla. Alcuni con sé non avevano quasi niente.
Le persone disposte a parlare con Al-Monitor ed altre testate presenti hanno parlato del desiderio di opportunità, in cerca di una vita nuova e migliore in Europa, o di cure mediche. Tra di loro molti giovani uomini, ma anche persone più anziane e bambini. Tutti avevano pagato migliaia di dollari per il viaggio, e a tutti era stata promessa una traversata tranquilla verso l’Europa.
Il 14 novembre, sono state rimpatriate anche le salme di due uomini curdi morti in Bielorussia: Gaylan Dler, 25, soffriva di diabete ed è morto per mancanza di insulina, e Kurdo Khalid, morto per un infarto a 34 anni a Minsk.
Durante una conferenza stampa in aeroporto poco dopo l’atterraggio, il portavoce del Governo Regionale del Kurdistan (KRG), Jotiar Adil, ha insistito che i problemi economici e l’instabilità della regione, spesso citati dai media come le forze motrici dietro le partenze, non sono invece la causa principale, poiché tutte le persone erano partite pagando somme cospicue.
Ha detto che si tratta di persone con “possibilità finanziarie” che mancano a molti nel paese e altrove. Ha aggiunto che una commissione si occuperà di indagare ulteriormente sulla situazione, e che nel frattempo sono stati effettuati più di 10 arresti con l’accusa di traffico di esseri umani.
Nel corso di un forum tenuto il 16 novembre presso l’American University of Kurdistan a Duhok, il primo ministro del KRG Masrour Barzani ha dichiarato che comunque i problemi economici della regione dipendono da fattori al di fuori del controllo del governo, come ad esempio il conflitto sul budget e su altri temi con il governo centrale a Baghdad, ma anche il prezzo del petrolio e la pandemia di COVID-19.
Rispondendo ad una domanda posta dai giornalisti di Al-Monitor, Atil ha confermato che un altro fattore strettamente connesso è l’instabilità causata dalla presenza del Partito Kurdo dei Lavoratori (PKK), riconosciuto come organizzazione terroristica dalla vicina Turchia, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
Atil ha aggiunto che gli abitanti di 600 villaggi curdi sono ancora sfollati a causa della presenza del PKK nella regione, e non possono far ritorno nelle loro case.
In un’intervista di settembre dell’anno scorso con Al-Monitor, il generale peshmerga Sirwan Barzani confermava questa posizione, sollecitando il governo centrale a Baghdad ad agire in proposito.
La rotta più battuta dai migranti con cui ha parlato Al-Monitor parte da Sulaymaniyah verso la Turchia e poi verso Minsk. Tutti hanno pagato almeno 3,000$ per il viaggio, alcuni dichiarano di aver pagato addirittura 10,000$.
Uno dei passeggeri del volo atterrato il 18 novembre è crollato a sedere appena dopo aver superato la folla di telecamere e giornalisti in cerca di un commento. La testa fra le mani, l’enorme zaino ancora in spalla. Al-Monitor gli si è avvicinato chiedendo come si sentisse e se avesse voglia di raccontare cosa gli era successo.
Ha detto di non parlare arabo ma solo un po’ di inglese, che ha 18 anni e una sorellina di 6 che necessita di cure mediche, e che per questo motivo sono partiti con la madre diretti in Bielorussia.
Il giovane, che preferisce rimanere anonimo, ha detto di essere originario di Sulaymaniyah e di essere già stato in Turchia ed Iran. Ha detto di aver pagato 3,000$ per raggiungere la Bielorussia, senza rivelare dove avesse preso i soldi.
Tempo prima si era spostato in Iran per cercare le cure mediche necessarie per la sorella maggiore, che soffriva di cancro. Lei nel frattempo non ce l’ha fatta.
Si è detto certo di poter ottenere buone cure mediche per la sorellina, se fosse riuscito ad arrivare in Germania.
Quando, mentre si allontanava verso l’uscita, gli abbiamo chiesto se in Kurdistan c’è ancora qualche familiare, ha risposto “mio padre”. Al limite delle lacrime, ha aggiunto di doversi preparare ad affrontarlo poiché lo stava aspettando fuori dall’aeroporto.
L’Unione Europea ha ripetutamente adottato sanzioni contro la Bielorussia per violazioni dei diritti umani, sostenendo che l’attuale crisi è conseguenza dell’incoraggiamento che la Bielorussia dà ai migranti affinché scavallino il confine con la Polonia, in una rappresaglia contro le sanzioni stesse. Al momento della scrittura dell’articolo, l’UE stava finalizzando il quinto pacchetto di sanzioni.
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che il blocco sta “affrontando un brutale attacco ibrido” ai suoi confini, e che “la Bielorussia sta sfruttando la disperazione dei migranti in maniera cinica e sconcertante”.