I giovani movimenti e le recenti elezioni in Iraq: dalla piazza di Nassiriya al parlamento iracheno
Entreremo nella Zona Verde e attraverseremo a piedi il ponte Al-Jumhuriya, nel ricordo dei martiri della rivolta dell’ottobre 2019”. Con queste parole i vincitori del nuovo movimentoIMTIDAD hanno festeggiato una straordinaria vittoria di nove seggi alle elezioni anticipate in Iraq.
Le elezioni anticipate svoltesi in Iraq lo scorso 10 ottobre 2021 hanno aperto le porte a una nuova fase della storia politica del paese, una fase in cui movimenti alternativi sono emersi sfidando i partiti tradizionali, dal 2003 al governo del paese sulla base delle quote settarie.
I risultati elettorali indicano che su un totale di 329 seggi del parlamento iracheno, i/le candidati/e indipendenti provenienti dalla società civile hanno ottenuto 40 seggi: di cui 9 seggi per il Movimento “Nuova Generazione” (Sulaimaniyah), 6 seggi “Ishraqat Kanon”, oltre ai 9 seggi del movimento IMTIDAD. Per quanto parliamo di piccoli numeri, si tratta di un segnale cambiamento notevole nel percorso politico dell’Iraq: nonostante le forze tradizionali siano ancora maggioritarie, la percentuale di nuovi membri (entrati per la prima volta in parlamento) è il 70% del totale.
Per comprendere questa trasformazione e identificare le radici dei movimenti politici alternativi, dobbiamo tornare alla protesta popolare nonviolenta partita nel 2011, e che si è ripetuta negli anni successivi culminando nella rivolta dell’ottobre 2019: quando i giovani iracheni/e hanno chiesto la fine della corruzione ed espresso il loro rifiuto del sistema delle quote politiche distribuite su base settaria che ha segnato il governo in Iraq negli ultimi due decenni.
La rivolta di ottobre si è diffusa rapidamente, ottenendo un consenso nazionale dal nord al sud dell’Iraq, attivando donne, studenti e i più vari movimenti sociali. Essa ha costretto il governo di Adel Abdul-Mahdi a dimettersi, la classe politica al potere a modificare la legge elettorale e a indire elezioni parlamentari anticipate.
Nonostante la grande repressione affrontata dal movimento di protesta, che ha portato alla morte circa 650 attiviste/i e manifestanti; nonostante le minacce e i rapimenti che hanno preso di mira i/le giovani del movimento, le proteste sono continuate fino al 2020. Solo la pandemia, che ha cambiato gli equilibri in tutto il mondo, ne ha fermato l’incedere. È dunque interessante notare come i maggiori perdenti nelle elezioni del 2021 (Al-Fatah e Wa’i) siano proprio i partiti che rappresentano le fazioni armate vicine all’Iran: coloro che più hanno guidato la repressione delle proteste di ottobre. Queste fazioni basavano il proprio consenso principalmente sull’opinione pubblica nel sud dell’Iraq e sul ruolo svolto nella lotta contro Daesh. Oggi però il risultato è chiaro: il loro credito nel sud dell’Iraq è diminuito drasticamente proprio a causa della loro ostilità al movimento di protesta giovanile e del loro coinvolgimento nel vasto sistema di corruzione.
Nell’aprile del 2019, poco prima dell’inizio della rivolta di ottobre, i movimenti sociali e le organizzazioni della società civile irachena tennero un incontro nazionale, primo del suo genere nella città di Nassiriya, per scambiare esperienze e condividere programmi. Io ero presente, e ho assistito a uno degli incontri di maggior successo avvenuti tra i rappresentanti dei movimenti sociali e della società civile.
L’incontro di Nassiriya ha visto importanti discussioni sulle sorti del movimento di protesta, le libertà fondamentali, l’ambiente, i diritti delle donne, la protezione del patrimonio culturale, la tutela dei diritti sociali ed economici. Il comitato organizzatore dei giovani e delle giovani di Nassiriya era caratterizzato da un grande entusiasmo determinato a creare una realtà migliore per la loro città e il loro paese. Tra loro c’erano coloro che avevano partecipato alle attività del Festival I Love Dhi Qar: l’evento civile più importante organizzato dai movimenti sociali dal 2017; altri avevano inoltre partecipato attivamente al Forum sociale iracheno e all’Iniziativa di Solidarietà con la Società Civile Irachena (ICSSI).
Queste ragazze e ragazzi erano proprio coloro alle spalle dell’organizzazione della rivolta di Tishreen (di ottobre) e delle proteste avvenute in piazza Al-Haboubi a Nassiriya. Sono loro a rappresentare il lievito vivente del futuro dell’Iraq: le loro idee sono in grado di alimentare il motore del cambiamento sociale, e la loro attività ci mostra una società irachena viva e volenterosa di generare un futuro migliore per l’Iraq e il suo popolo.
Società irachena, in cui tuttavia i movimenti civili e sociali stanno operando in condizioni estremamente difficili e pericolose legate, nella complessità della situazione interna, anche all’ardente confronto regionale tra Iran e Stati Uniti, che si consuma proprio in Iraq come reso evidente dall’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani.
Nel caso di Nassiriya queste sfide di moltiplicano, poiché si tratta di una città abbandonata dal punto di vista istituzionale, pervasa da una corruzione diffusa, in cui i e le giovani attiviste/i sono continuamente a confronto con un ambiente conservatore dominato da rapporti clanici e familiari. Ciononostante, essi/e hanno partecipato attivamente alla rivolta di ottobre, pagando un alto prezzo: Nassiriya è infatti seconda solo a Baghdad, per numero di manifestanti rimasti uccisi/e.
Dopo aver assistito a tali uccisioni, la rabbia sociale è esplosa nella città: gli/le abitanti sono insorte/i contro le sedi dei partiti politici, dichiarando la città chiusa all’attività di questi ultimi e delle loro fazioni armate.
Le elezioni anticipate del 2021 sono le quinte in Iraq dal 2003. Nonostante i timori e le preoccupazioni, il 10 ottobre si sono svolte senza che siano avvenute gravi violazioni. Tuttavia, questo risultato positivo va controbilanciato alle restrizioni dei diritti politici e civili vissute dai candidati/e indipendenti a monte della loro partecipazione elettorale e il riscontro del tasso di partecipazione più basso sin dalle elezioni del 2005: una riluttanza degli iracheni a recarsi al voto dovuta alla perdita di fiducia in un sistema politico caratterizzato da violenze diffuse e basato sulla divisione settaria degli iracheni tra sunniti, sciiti e curdi – forze che basano il sistema di governo su alleanze di convenienza, spartendo i propri interessi a danno delle necessità del paese. Tali forze tradizionali continuano a controllare ampie fette di risorse territoriali, mentre le forze armate ad esse più o meno legate puntano verso un’integrazione nell’apparato dello stato, per lo più attraverso la “Mobilitazione Popolare”: apparato militare istituito dall’autorità sciita di Najaf con l’obiettivo di combattere Daesh, che tuttavia in seguito alla “liberazione” ha continuato a voler conservare aree di potere. Da tali condizioni deriva il gran numero di persone che ha deciso di boicottare la partecipazione elettorale, comprese forze politiche alternative, sia nuove sia consolidate come il Partito Comunista Iracheno. Il ritiro di queste ultime però può aver finito per incrementare la confusione, togliendo spazio all’opportunità di offrire al pubblico iracheno un’alternativa e una visione diversa del futuro.
È bene quindi osservare che nonostante l’ampio boicottaggio politico, le forze legate ai movimenti alternativi siano emerse portando anche alla vittoria elettorale giovani e donne. È il caso del movimento IMTIDAD (“Estensione”): nato proprio nel sud dell’Iraq, nella piazza Al Haboubi di Nassiriya, nel grembo delle proteste di ottobre. Nassiriya, che si riconferma antica città ancora florida per l’Iraq; nonostante la sua marginalizzazione e lo stato generalizzato di abbandono, da tempo immemorabile costituisce bacino di emersione di personalità politiche, letterarie e culturali storiche del Paese.
La marcia ora continua. Dopo l’annuncio dei risultati preliminari, i partiti perdenti hanno rifiutato di riconoscere le elezioni e a loro volta hanno organizzato sit-in minacciando di rovesciare l’attuale governo se i risultati delle elezioni non verranno annullati o i voti sottoposti ad un nuovo conteggio manuale. Queste forze appaiono mirare a fare pressione sui vincitori, allo scopo di inserirsi nelle quote di potere sulla base di una riconferma del sistema basato sul consenso confessionale. Pertanto, ritengo che possano emergere i seguenti scenari:
Nel primo scenario, avviene la formazione di un governo politico di maggioranza, guidato dal movimento Sadrista e in alleanza con Tagadum e il Partito Democratico del Kurdistan. In tal modo, il resto delle forze si rivolgerebbero all’opposizione, e si costituirebbero le premesse di una svolta importante per terminare lo stato di corruzione consociativa tra i blocchi politici aprendo una nuova era basata sulla maggioranza politica, il che rappresenta una parte importante di ciò che la rivolta di ottobre ha richiesto.
Nel secondo scenario, invece, si ritorna all’opzione del consenso tra le forze tradizionali per la formazione di un governo inclusivo su dimensione settaria. Opzione, verso cui si stanno spingendo l’Iran e le fazioni armate ad esso vicine.
In entrambi i casi, i nuovi movimenti alternativi affrontano un compito difficile, che consiste nel formare un’alleanza che rappresenti gli orientamenti di ottobre. Anche se non direttamente al governo, questa alleanza potrebbe contribuire a formare e consolidare nuove politiche nazionali rappresentative delle richieste del movimento giovanile.
È quindi responsabilità dei movimenti civili e sociali coordinarsi e comunicare con le correnti di Tishreen, dall’interno e all’esterno del Parlamento, per mantenere lo slancio delle riforme politiche e sociali e proseguire in un lungo processo di cambiamento. Qualsiasi direzione prenderanno IMTIDAD e i nuovi movimenti politici, in questo senso l’impegno dei giovani Nassiriyah resta un punto di riferimento in quanto modello di resistenza civile in un contesto di estrema difficoltà, nella loro capacità di mantenere, al di là dei costi, la propria adesione al cambiamento.